Nella storia affascinante della Sicilia
Se vogliamo che tutto rimanga com’è bisogna che tutto cambi”.
È Tancredi, nipote prediletto del principe di Salina, a pronunciare questa frase nel romanzo di Tomasi di Lampedusa, mostrandosi pronto con il cinismo dei giovani a vestire i panni della modernità quando capisce che la vecchia aristocrazia terriera deve adattarsi all’avanzare di una nuova potente borghesia.
Molte volte abbiamo sentito ripetere queste parole, adattate a circostanze diverse quasi sempre politiche, con l’implicito disprezzo per chi cerca di restare a galla sulla scia di mutamenti che sembrano epocali ma finiscono col perdere la loro sostanza nell’alternarsi di corsi e ricorsi storici.
Se per il principe di Salina “questo paesaggio ignora le vie di mezzo tra la mollezza lasciva e l’asprezza dannata”; “questo clima ci infligge sei mesi di febbre a quaranta gradi”; e “le dominazioni straniere” hanno reso gli abitanti incapaci di modificare se stessi per cui “è il sonno che i siciliani vogliono”; se il cinismo di Tancredi è figlio di una sicilianità gattopardesca mai completamente scomparsa soprattutto nelle classi più conservatrici, oggi le istituzioni, le tante associazioni e gli stessi cittadini, che hanno sperimentato da vicino la mafia e conosciuto il valore di magistrati e di poliziotti indimenticati eroi, sono certamente lontani dal condividere parole così definitive.Per conto mio, le parole di Tancredi sono storicamente e geograficamente collocabili e perfino giustificabili, ma non trovano riscontro, o forse è meglio dire non “possono e non devono” trovare riscontro nell’attualità socioculturale di quella terra e nelle nuove generazioni scolarizzate e globalizzate.
La Storia della Sicilia nella sua peculiarità affascina ancora per la suggestione delle sue implicazioni romanzesche e romanzate; Tomasi di Lampedusa, Pirandello e De Roberto rimangono autori di capolavori e testimoni di un’epoca; ma la sicilianità gattopardesca è diventata ormai solo un ingrediente saporito e gustoso, pur col retrogusto amaro, di una narrativa nuova che non assolve e non dimentica, ma alimenta i valori della vita e assapora il cambiamento.
Margherita Genovese