I ricordi come tessere di un mosaico costituiscono la nostra identità

“Nella corte grandiosa della memoria”

di Emilia Serranò

 

Sant’Agostino, in un’opera di R.Nanteuil

Una splendida rappresentazione della memoria è contenuta nel libro X delle Confessioni di S. Agostino. “Un grande antro” che accoglie tutto “in certe sue pieghe segrete e ineffabili” e dal quale si può riportare alla luce qualsiasi cosa che si desideri: alcune immagini arrivano subito, altre si fanno cercare più a lungo, altre ancora irrompono in massa, anche senza volerlo. S. Agostino le caccia via con la mano sul cuore finché non arriva “quella più nascosta” che egli cercava.

Si può stare in silenzio, al buio, e rievocare nella memoria i colori distinguendoli tra loro, lasciando latenti i suoni senza che ci sia interferenza fra gli uni e gli altri. E così per altre immagini dei sensi, come quando richiamando quelle dei fiori si distingue “il profumo dei gigli da quello delle viole e basta il ricordo per continuare a preferire il miele al decotto di mosto….” Nella “corte grandiosa della memoria” sono pronte a venir fuori le immagini vissute, o quelle credute, immagini sempre nuove che si vanno tessendo a quelle passate, così che ne emerga anche la trama del futuro fatto di azioni, di eventi, di speranze.

Grazie ad una capacità introspettiva straordinaria, S. Agostino riesce a comprendere nel loro dinamismo i fenomeni psichici, anticipando di molti secoli le conquiste di tante ricerche contemporanee La memoria come dimensione dello spirito è la vera facoltà del conoscere, una modalità di apprendimento che Platone, già molto tempo prima, aveva considerato una forma di reminiscenza; per il pensatore “conoscere è ricordare”, una rievocazione delle “idee” già impresse nell’anima e legate alle sue origini divine. Anche se su un piano diverso da quello platonico, è pur vero che la memoria non è una pagina bianca o una lavagna inerte su cui si inscrivono le esperienze passate; più che ricettiva, essa è inesauribilmente attiva e interagisce con un “Io personale”, dal cui “substratum” si dipartono i ricordi di tutti gli eventi esistenziali. Attraverso la memoria è possibile incontrarsi con se stessi, rivivere le azioni nei tempi e luoghi in cui sono avvenute e con lo stesso stato d’animo con cui sono state compiute. C’è in quest’attività rievocativa il senso di appartenenza, la consapevolezza della propria identità attraverso un passato che è il nostro passato, la nostra storia personale ricca delle esperienze di vita eppure ancora aperta verso il futuro poiché la memoria non è mai esaurita, né posseduta una volta per tutte Essa viene, di volta in volta, ricostruita mettendo in ordine e ricomponendo in unità i “frammenti dei ricordi” che, come tessere di un mosaico, costituiscono la nostra identità.

Nell’Io e l’Es Freud aveva riconosciuto la presenza dei «residui mnemonici», una scoperta psicoanalitica non trascurabile, ma in realtà possiamo considerarli come tanti «mattoni» che si accumulano per costruire l’Ego individuale. Un processo difficile e laborioso che ha come sfondo la stessa memoria la quale non si limita a conservare le immagini e le percezioni esterne ma, in quanto attività creativa e selettiva, trasceglie le esperienze e ricostruisce quel passato che sarà parte integrante del nostro presente. Il suo contributo è, quindi, prezioso per la crescita della persona e la formazione di una personalità strutturata in un unicum di idee e valori.

“Proust e la Madeleine, di Alessandro Degli Espositi”

Con un’identità, come aveva già osservato Locke, fondata sulla consapevolezza di sé e che, pur nel variare delle percezioni soggettive, si costruisce e si consolida nel tempo, ma non è mai compiuta. Secondo un’ottica psicologica ogni esperienza e ogni ricordo permangono nella psiche attraverso l’“oblio”, una dimenticanza naturale diversa dalla rimozione freudiana che è, invece, legata ad eventi traumatici. L’esperienza vissuta è conservata e rievocata dalla memoria che ne costituisce la componente essenziale; analogamente i ricordi sono la garanzia della continuità dell’individuo nel tempo e della sua specificità unica e irripetibile. Anche per il filosofo francese Henri Bergson, la memoria è una dimensione dello spirito, essa è una facoltà di natura completamente diversa dalla percezione. Ma che cos’è, allora, la “memoria”? Non è la memoria meccanica, la memoria-abitudine che si utilizza, ad esempio, per imparare a memoria una poesia, dividendola in tante parti. Pur essendo utile anch’essa per l’azione concreta, non può identificarsi con la “memoria pura” che conosce ciò che è individuale e irripetibile.

Quest’ultima è la memoria profonda, la pura durata spirituale, il deposito inconscio di tutte le esperienze passate, che rivive il passato in modo sempre nuovo. Ad esempio ricorda il momento particolare in cui ho imparato la poesia, la ragione di tale evento e i sentimenti che l’hanno accompagnato. Essa non è una percezione indebolita, ma la “sostanza spirituale della coscienza” e costituisce il “nostro passato” che ci accompagna in ogni momento, anche se non ne siamo consapevoli. Sotto questo aspetto noi non siamo soltanto presente, ma sempre storia vissuta.

Nella famosa opera alla ricerca del tempo perduto, lo scrittore francese Marcel Proust si sofferma sui meccanismi di recupero della memoria ed è convinto che la rievocazione del passato non avviene attraverso la “memoria volontaria”, la normale capacità di registrare e ordinare i ricordi trascorsi, ma tramite la “memoria involontaria”, capace di restituire in modo irrazionale episodi del passato che si credevano perduti per sempre.

A risvegliare emettere in azione questa memoria, basta lo stimolo di una sensazione visiva o olfattiva, come un profumo o un sapore, perché dentro di noi riaffiori un ricordo che è legato a quella percezione. Emblematico, a tal proposito, è l’episodio della madeleine narrato all’inizio del romanzo La strada di Swann. Solo alla vista di questo biscotto imbevuto nel tè, riemergono i ricordi dell’infanzia, le figure e gli ambienti di quel tempo, i sentimenti e le emozioni: «E a un tratto il ricordo mi è apparso. Quel sapore era quel pezzetto di «maddalena» che la domenica mattina a Combray, quando andavo a salutarla nella sua camera, la zia Leonie mi offriva dopo averlo bagnato nel suo infuso di tè o tiglio”… Ma quando niente sussiste d’un passato antico, [..] l’odore e il sapore, per lungo tempo ancora perdurano[…] portando sulla loro stilla l’immenso edificio del ricordo». Tutte le esperienze di vita fluiscono nel tempo attraverso i ricordi i quali permangono, anche, oltre la morte, come avviene nel ricordo di una persona scomparsa.

Esso le riporta alla presenza, la memoria conserva il passato ma fa ricrescere e garantisce il futuro.