La memoria, tra rinnovamento e rimozione
di Margherita Genovese (v. Talent-Scout n.23, pag. 12)

Per la moderna psichiatria la vicenda umana è un’intricata ragnatela le cui trame seguono percorsi non più del tutto misteriosi; per le antiche religioni orientali e fino a Platone e Pitagora è un viaggio di andata e ritorno che segue la teoria della metempsicosi (“conoscere significa ricordare”); per la visione dantesca è l’alternarsi di oblio e rigenerazione tra il Leté e l’Eunoé.
“L’acqua che vedi non surge di vena / che ristorivapor che gel converta /come fiume ch’acquista e perde lena;/ ma esce di fontana salda e certa, / che tanto dal voler di Dio riprende, / quant’ella versa da due parti aperta. / Da questa parte, con virtù discende /che toglie altrui memoria del peccato; / da l’altra, d’ogne ben fatto la rende./ Quinci Leté; così da l’altro lato / Eunoé si chiama; e non adopra/ se quinci e quindi pria non è gustato”. (Dante, Purgatorio, canto XXVIII, vv 121-132)
È il canto di Matelda, una bella donna che appare nel dolce paesaggio del paradiso terrestre, cantando e raccogliendo fiori. Una figura allegorica che, probabilmente, rappresenta la felicità dell’uomo prima del peccato originale. Perfino il Vangelo, in alcuni Passi, sembra indurre all’ipotesi della reincarnazione e del ritorno: “Io vi dico che Elia è già venuto e non lo hanno riconosciuto” dice Gesù sul Tabor, monte della Trasfigurazione. Che cos’è allora la vita umana? Il prodotto di una reazione chimica a catena di casuale origine cosmica o piuttosto un preciso disegno divino che regola e guida l’universo con tutti i suoi cieli e i suoi abitanti? Scienziati, filosofi e profeti non ci possono dare risposte certe, ma forse è proprio la suggestione di ipotesi disparate e al tempo stesso comparabili, a rendere il mistero del nostro viaggio sulla terra meno arcano a chi fa riferimento all’ antica saggezza e riscopre le virtù di una visione metafisica.
Oggi, un giovane che si interroga e volge losguardo verso l’alto, può scoprire, studiando e confrontando, che la sua vita non segue leggi solo biologiche, ma ha un senso e uno scopo ben più importanti di una gara di bellezza o di un effimero passaggio di visibilità sui social network; può impegnarsi più a fondo nel costruire la sua storia personale sapendola parte di una Storia più grande, legata al cammino dell’intera umanità.
L’uomo è destinato a “egregie cose” e, tra rimozionee rinascita, perpetua la sua essenza divina. Il nostro viaggio deve riempirsi di conoscenze e di saggezza. Non sappiamo se, dopo la morte del corpo, ritorneremo rinnovati sulla terra. Ma possiamo credere, razionalmente, che già questa vita sia un lungo percorso di arricchimento, e che, lavandoci periodicamente delle polveri tossiche depositate nell’anima, e tuffandoci nelle acque rigeneratrici dell’Eunoè, potremo ricordare solo le cose buone e ripartire verso il meglio, dando un senso al nostro viaggio. “Essere un filo di un indumento più grande: forse è questo il fine ultimo del mio essere” (Vito Mancuso, “Disputa su Dio e dintorni”).