È mia la Città
Accendete le luci della città
le insegne colorate dei caffè
della ruota gigante al Luna Park.
Dall’alto del viadotto, un faro magico
con un lampo improvviso fasci il mare,
inquadri le lampare,
un brivido percorra la città.
Sprofondino perdute le radici
di questo abbarbicarsi ombelicale
a un mito primordiale:
è mia la città.
Sia inondata di luce e di frastuono.
Ho un bisogno vitale
di proteggere il cuore
con le morbide piume del rumore.
Figlia del tempo mio
proiettata in chiassose megalopoli
ho bisogno del caos, dei fragori,
del rombo dei motori
di un continuo ronzìo
per ritrovare l’io.
Balcone spalancato nella notte,
la mia modernità
nasconde un angoscioso brancolare
tra malattie insanabili
tra mostri atavici, protesi a divorare.
Guardare dentro il buio è la mia forza.
Ma datemi cascate di rumore
per ubriacare questa solitudine,
la vera dimensione del mio vivere.
(di Rosadele Genovese, da “Nel nome del mare – Un percorso poetico dall’elegia all’ironia”, Falzea Editore– luglio 2000)