“Il Cacciatore di Aquiloni”: una storia drammatica nell’inferno della guerra

Dal rimorso al riscatto

Khaled Hosseini, autore del romanzo “Il cacciatore di Aquiloni”, da cui è tratto il film omonimo

La guerra in Afghanistan è sullo sfondo, come sul palcoscenico di un teatro che espone gigantografie “a tema”. Ma la vicenda più avvincente riguarda la storia dei sentimenti: amicizia, paura, rabbia, dolore, condizionamenti, cattiveria, rimorso e riscatto, in un mondo difficile in cui i ragazzini diventano adulti sperimentando la guerra. Nel romanzo “Il cacciatore di aquiloni” Amir e Hassan, due amici di etnia diversa, crescono insieme, fianco a fianco, in una ricca casa di Kabul: Hassan, figlio di un servo, non sa leggere, ma è forte, un amico fedele, imbattibile nella caccia agli aquiloni, uno sport che a Kabul accende gli entusiasmi dei ragazzi e degli adulti. Un’amicizia coltivata fianco a fianco, da due ragazzi totalmente diversi: una totale dedizione quella di Hassan, un incoerente e ombroso comportamento quello di Amir, figlio di Baba, ricco uomo d’affari.

Il ragazzo non riesce a perdonarsi di avere causato, nascendo, la morte di sua madre. Amir con un stratagemma, si libera dei due servi, verso i quali nutre sentimenti oscuri, subliminali, di intolleranza e di rancore. Solo dopo una fuga precipitosa dal suo Paese, devastato da un conflitto durissimo, e una nuova vita in California, il protagonista saprà che Hassan, ucciso nelle violenze della guerra, era nato da una relazione di suo padre con un’altra donna. Adesso c’era un orfano, Sohrab, che aveva bisogno di lui. Rakim Kahn, vecchio amico della famiglia, telefona ad Amir dal Pakistan. La frase che pronuncia è un ammonimento, ma è anche, larvatamente, un rimprovero. Causato dalla consapevolezza di segreti che per lui, Rakim, segreti non erano.

“Esiste un modo per tornare ad essere buoni”. Tutta la seconda parte del romanzo non è che la storia avventurosa di un drammatico “ritorno” del protagonista, Amir, nell’Afghanistan devastato dalla guerra. Sarà l’occasione di un riscatto morale, che cancellerà per sempre sentimenti di rivalità, di cattiveria, di ingiustizia, di rancore, nell’età di un’innocenza mancata. Non sarà facile per Amir rintracciare il bambino. Il viaggio del ripensamento e dei rimorsi sarà un percorso di purificazione, difficile e pericoloso, ma non impossibile, per un giovane uomo ormai maturo, e pronto a tutto per assumersi le proprie responsabilità e riscattare le sue colpe.

“Il passato si aggrappa con i suoi artigli al presente…
Sono ventisei anni che sbircio di nascosto in quel vicolo deserto.
Oggi me ne rendo conto.” (op. cit, pag 7)

“Le sparatorie e le esplosioni erano durate meno di un’ora ma ci avevano spaventati a morte, perché nessuno di noi aveva mai sentito niente di simile.[… ] Era l’inizio della fine.
Quella ufficiale sarebbe arrivata nell’aprile 1978, con il colpo di stato comunista, e poi nel dicembre 1979, quando i carri armati russi avrebbero invaso le strade, decretando la morte dell’Afghanistan che avevamo conosciuto. (pagine 41, 42, op. cit.)
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“La caccia all’aquilone era qualcosa di selvaggio… Come quei pazzi che a Pamplona fuggono inseguiti dai tori… Quando il filo dell’ultimo aquilone veniva tagliato scoppiava il pandemonio… Il premio più ambito era l’ultimo aquilone che cadeva… (pag 57). 


“Hassan non sapeva leggere l’alfabeto, ma sapeva leggere dentro di me…(pag 68) “Scappai perché ero un vigliacco. Avevo paura di Assef e del male che mi avrebbe fatto” (pag 84)

“Se fossi stato il protagonista di un film che Hassan e io amavamo, a quel punto sarei uscito correndo a piedi nudi nella pioggia torrenziale e avrei inseguito la macchina perché si fermasse… Ma non ci trovavamo in un film indiano. Non piansi e non inseguii la macchina… Rimasi a guardare la Mustang di Baba sparire dietro la curva” (pag 119). 


“Dopo tutti quegli anni ero di nuovo a casa, nella terra dei miei antenati. Mi sedetti contro un muro della casa. Nel paese in cui vivevo adesso, la mia terra sembrava appartenere a un’altra galassia. Pensavo di averla dimenticata, ma non era così.
E nel chiarore biancastro della luna sentivo sotto i miei piedi la voce dell’Afghanistan” (pag 253)

(dal romanzo “IL cacciatore di aquiloni”Edizioni Piemme, 2004 www.edizpiemme.it)