CHARLES BAUDELAIRE, TRA L’ÉNNUI E L’IDÉAL
L’albatro Spesso, per divertirsi, gli uomini d’equipaggio Non appena deposti sulla plancia Quel viaggiatore alato, com’è sgraziato e flaccido! E’ simile il poeta al principe delle nubi
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![]() Il dissidio intimo del poeta “Milioni di uomini costruiscono la loro esistenza giorno per giorno: un equilibrio stabile, una vita serena, gli affetti familiari, un progetto dopo l’altro. ( Guglielmino, Principato, pag.21) |
L’immagine dell’albatro è certamente una figura reale, che tuttavia assume un significato simbolico universale, legato alla genialità di un poeta, molto vicino ai “poeti maledetti” dell’Ottocento. L’autore del testo che si legge nella pagina è Baudelaire, una vita difficile e, forse in qualche misura poco felice: disordinata, tormentata, sicuramente breve, anche a causa dell’assunzione costante di alcol e droghe. Ma nei momenti di lucidità Baudelaire si dedicava soprattutto alla creazione poetica. Testi profondi, sofferti, in cui personaggi mitologici, Sisifo, ad esempio, ricorrono prepotenti, riuscendo ad arricchire in modo geniale la più autentica dimensione della poesia: l’albatro , dunque, non è soltanto un volatile superbo, è una figura simbolica in cui Baudelaire si riconosce, e nella quale si identifica.
Visto nella dimensione dell’azzurro, l’albatro si offre imponente e magnifico alla vista degli uomini: quando è catturato, molestato, prigioniero in grave disagio sul ponte della nave, non più maestoso come nel volo, stuzzicato dai marinai che lo tormentano, diventa comico e buffo. L’albatro rappresenta la figura del poeta: un creativo, colto, sensibile, tormentato, condizionato dalle sue “ali” immense.

“Le lettere ai familiari, scoperte recentemente, hanno gettato nuova luce sul dramma vissuto da Baudelaire fanciullo tra le ombre dei “grandi” che non amava e che l’ossessionavano: il fratellastro, che aveva diciotto anni più di lui e che, sposato, faceva il magistrato, ed il patrigno, autoritario e severo, con cui ebbe rapporti alquanto difficili.
La famiglia, centrata sull’amore della madre, resterà l’idea fissa di questo “maledetto” non per vocazione…
Baudelaire finirà con il guardare la sua famiglia come un Lucifero un po’ byroniano che scruta il cielo da cui fu scacciato”.
A cura di Giovanni Macchia, pag VII. Garzanti, 1975