3) La morte di Filippo. Giovanna a Tordesillas

La coppia reale entra a Burgos. Gli screzi tra i due sposi sono continui. Filippo le presenta dei documenti che dovrebbero compromettere Ferdinando, ma Giovanna strappa le carte. (L. Sterpellone, op. cit. pag. 82)

Il Bello mastica amaro.

Burgos, settembre 1506. Dopo avere partecipato ad un banchetto, il principe Filippo fa una lunga cavalcata, poi gioca alla “pelota”. (Sterpellone, op. cit., pag. 84)

Gli storici danno la colpa alla caraffa d’acqua gelata che ha bevuto, per giustificare la violenta febbre e la morte che sopravviene.

Forse Filippo è stato avvelenato. Nessuno dei contemporanei, però, riesce a giustificare il comportamento di Giovanna che resta impietrita dal dolore.

La sua necrofilia suscita sgomento. La regina, disperata, dimentica i continui screzi con il marito, chiede che venga aperta la bara dove Filippo riposa, spera che si sia risvegliato. “Bacia la salma con agghiacciante passione” (Guido Gerosa, “Carlo V, un sovrano per due mondi, pag. 47). Le voci sulla pazzia di Giovanna si diffondono. E intanto lei stessa si guarda bene dal governare, rifiuta di firmare qualunque documento.

 “La malattia di Giovanna sta mostrando tutti i segni di un graduale peggioramento: ha inizio un nuovo ciclo di “negativismo passivo”: rifiuta per mesi di lavarsi e di cambiarsi la biancheria… Il 15 febbraio 1509 le condizioni della regina sono tali che si decide di rinchiuderla nel palazzo-convento di Tordesillas, vicino a Valladolid”. (Sterpellone, op. cit, pag 86)

Giovanna è la regina designata dai diritti di successione. Ma quale futuro si prospetta per lei, dopo la tragedia? Ha ancora fiducia in suo padre. Ferdinando la potrà affiancare nel governo della Spagna.

Ma le sue previsioni sono sbagliate. Proprio lui, suo padre, continua a diffondere la voce che la figlia è pazza: Perché Giovanna non reagisce? Forse non ha più alcun interesse per il regno, né per la sua stessa vita.

La rivolta dei “comuneros” contro l’esosità del nuovo sovrano Carlo V (figlio di Giovanna, dichiarato maggiorenne a 16 anni, subito dopo la morte di Ferdinando), è un’opportunità, per Giovanna, di riprendere le redini del regno. I comuneros non credono alla sua pazzia, la riconoscono come loro regina, le offrono l’ultima occasione per esercitare il “suo”potere.

“Tutto era cambiato a Tordesillas” scrive Edgarda Ferri. Ma nulla è cambiato per Giovanna, che ricevendo i ribelli, si dimostra sana di mente, ma che afferma:

“Che nessuno si provi a creare malintesi con mio figlio. Ciò che mi appartiene è suo, ed egli avrà cura dei beni del regno”. La rivolta dei comuneros verrà soffocata nel sangue. Il destino della regina è segnato. Giovanna rimarrà per sempre prigioniera dei suoi fantasmi e del figlio-rivale Carlo V.

“Una madre ribelle o miscredente gli sarebbe nuociuta più che una guerra perduta… La libertà della regina doveva essere limitatissima. E che si usasse pure “la cuerda”, la tortura della corda, per recuperare la sovrana alla fede”. (Edgarda Ferri, op, cit., pag. 244)


Ma era veramente pazza, Giovanna?

La morte di Filippo. Giovanna a Tordesillas
Un capolavoro il film Luther

Rifiutava i condizionamenti, le pratiche religiose di un cattolicesimo esasperato: era un’antesignana, una che con il suo atteggiamento anticonformista e autenticamente libero, contestava fortemente la ferrea Inquisizione e superava di anni-luce il bigottismo del suo tempo.

La infastidivano monaci, frati, prelati, di cui sua madre si serviva anche per ottenere informazioni. (E. Ferri, op. cit., pag. 22). Giovanna era umorale, ombrosa, passionale… provava un selvaggio piacere quando riusciva a lasciarsi alle spalle l’occhiuto, premuroso seguito di dame e cavalieri… Il cavallo era l’unico mezzo per godere un po’ di libertà”… (E. Ferri, op. cit. pag 24)

Basti pensare che Filippo II, anche lui sovrano psicologicamente “ombroso”, figlio e successore di Carlo V dunque, nipote di Giovanna, aveva ordinato che nel suo regno, alla sua morte, venissero celebrate trentamila messe in ogni angolo della Spagna.

Era questa la misura del pentimento?

Si trattava di un autentico sentimento religioso o non piuttosto di un fanatismo metabolizzato e ossessivo? La religione è un atteggiamento dell’anima, una tensione verso il divino e il trascendente: non può ridursi a pratiche esteriori.

Giovanna doveva essere spazzata via dalla ribalta della Storia perché era pericolosa per la fede e per l’ Inquisizione” e ancora “Era in gioco un sottile intreccio di interessi, di ambizioni, di rapacità venale e di fanatismo religioso” (in “Carlo V, un imperatore per due mondi” di Guido Gerosa, op. cit., pag. 59).

E ancora:

“Carlo era fortemente preoccupato. Gli avevano fatto credere che sua madre era pazza. Mentre a lui, dopo due sole visite, più che pazza appariva inquietante. (pag. 243 – E. Ferri)

Esistono testimonianze certe che Giovanna di Castiglia è stata un’autentica vittima del suo tempo, donna profondamente infelice, una ribelle che rifiutava condizionamenti di qualunque tipo.

Ma era anche il tempo in cui cominciava a salire alla ribalta della Storia un prestigioso monaco che avrebbe dato filo da torcere alla corruzione della Chiesa e ad una Inquisizione che non era certamente “Santa”.

Carlo V lo sottopose a processo nel 1521. Ma il “piccolo” monaco avrebbe vinto la sua battaglia intrisa di spirito autenticamente religioso e la sua dottrina sarebbe stata diffusa in tutto il mondo.

Il “piccolo monaco” anche lui ribelle – si chiamava Martin Lutero.

Edgarda Ferri