3) D’Annunzio al “Corriere della Sera”

“Le donne m’inseguono, nascondimi in via Solferino”

 3) D’Annunzio al “Corriere della Sera”(dalla pubblicazione “Corriere della Sera” 1876/ 1986” – pag. 4 di Piero Chiara – vedere copertina a fianco)

 

Per sfuggire all’assedio dei creditori e all’inseguimento di ex amanti, D’Annunzio ottenne una “stanza segreta” nella sede del quotidiano.

“In un ricco carteggio col direttore Luigi Albertini, si legge la storia, a volte drammatica, a volte divertente, della collaborazione del poeta al “Corriere”.

…“Il Corriere non aveva quasi degnato di attenzione la cospicua produzione in versi di D’Annunzio e anche la sua vasta produzione di novelle e di romanzi. Aveva ignorato, o vi aveva fatto solo fuggevoli cenni di carattere informativo, tanto raccolte di versi quanto romanzi di successo […]

Una certa attenzione invece riservò all’attività che D’Annunzio aveva avviato per ultima, quella teatrale…

Maggiore interesse, almeno a partire dagli ultimi anni del secolo, il Corriere dedica al personaggio D’Annunzio, ma anche in questo caso con moderazione…

Diversamente da quanto facevano gli altri giornali, che non perdevano occasione di parlarne o di farlo parlare, il “Corriere” appare piuttosto riservato nei confronti del personaggio, della sua invadenza culturale, dei suoi esibizionismi, delle sue avventure amorose e dei suoi scandali… Perché tanto disinteresse nei confronti dell’astro nascente?… Nei primi anni, forse, giocarono contro D’Annunzio la dimensione più che altro romana del suo successo e, per quanto riguarda l’Italia settentrionale, l’ampio spazio che dedicava alla sua opera l’Illustrazione Italiana di Casa Treves. Con l’avvento, nel 1900, di Luigi Albertini alla direzione del Corriere, pare che alla base… ci fosse una vera e propria antipatia di Albertini per il poeta… ma in seguito, ad avvicinare i due, fu probabilmente il reciproco interesse. […]. Poi, attraverso frequenti contatti personali, la conoscenza tra Albertini e D’Annunzio si trasformò prima in un’amicizia rispettosa e poi in un’amicizia salda e profonda”. (Op, cit., pag. 6)


LA PIOGGIA NEL PINETO

Il pretesto narrativo della lauda è una passeggiata del poeta nel bosco con Ermione: un nome che nasconde l’identità, almeno sentimentale, di Eleonora Duse. L’attrice trascorse col poeta le estati dal 1899 al 1903.

Umiliante, per la Duse, fu invece la pubblicazione del romanzo “Il Fuoco” dove D’Annunzio, ritraendola nel personaggio di Foscarina, ne descrisse senza pietà i passati amori e la decadenza fisica. Oltre ai molti tradimenti sentimentali, la Duse dovette subire anche delusioni professionali, come nel 1904, quando come si è detto, si vide sottrarre la parte di Mila nell’opera “La figlia di Iorio”.

(dalla stessa pubblicazione del Corriere, pag. 22)

 


IL BACILLO NON PUO’ATTENDERE

3) D’Annunzio al “Corriere della Sera”“Quanto a morire, morirò dopo”.

Scomparsa sua madre, la diagnosi di tubercolosi vale anche per lei: pallida, ansimante, piegata per l’affanno, quasi recita in un sogno, in una sorta di ipnosi. Solo i suoi occhi sono così vivi, così espressivi, così grandi, da “riempire tutta la scena”. È un altro segno del suo carattere ai limiti della normalità, della sua ribellione continua alle cose della vita e del teatro, della sua volontà di vivere.

(Sterpellone, pag. 33). Così nella vita come nel teatro, Eleonora sente di doversi concedere per intero, senza pause ed esitazioni, ad onta delle critiche di “isterismo” che da qualche parte le rivolgono…

Un’attrice come lei non si può fermare. E appena si sente un po’ meglio dimentica ogni sofferenza e si mette in moto. Si imbarca con tutta la compagnia sul piroscafo Italia alla volta del Sudamerica” (op. cit., pag. 35)

“La grande artista riusciva insuperabile nella presentazione di personaggi a temperamento isterico: l’ira, il disprezzo, il furore, l’odio, la gelosia la simulazione, l’abiezione, la morte, si confacevano al suo temperamento meglio che la dolcezza, la tenerezza, la rassegnazione…”

(da “Pazienti Illustrissimi”, di Luciano Sterpellone, Antonio Delfino Editore, 1985, pag. 29)