1) L’amore come ossessione

L’amore come ossessioneDue giovani sono in procinto di unirsi in matrimonio. Secondo l’uso del tempo, le nozze sono state programmate a tavolino, i due “promessi” sono due principi.

Lei è Giovanna, figlia della regina Isabella di Castiglia; lui è Filippo, detto “il Bello”: suo padre è Massimiliano d’Asburgo, vedovo di Maria di Borgogna.

“Giovanna si era presentata interamente velata e, secondo la tradizione, lo sposo avrebbe potuto guardarla negli occhi solo dopo la benedizione nuziale.
“Non ho mai visto mani più belle delle vostre, madamigella”, aveva mormorato Filippo, chinandosi su di lei…
Dicono che il loro desiderio di unirsi fosse tanto ardente da pretendere una sbrigativa benedizione prima di ritirarsi in uno sconosciuto casino di caccia fuori le mura… Gli sposi erano spariti per due giorni e due notti, spersi con i loro cavalli nelle livide pianure oltre il canale…
Erano ricomparsi il 20 ottobre, data stabilita per le nozze ufficiali…”
(da “Giovanna la Pazza, Una regina ribelle nella Spagna dell’Inquisizione” di Edgarda Ferri. Oscar Storia Mondadori 1998, pag. 50)

 

Alessandro VI Borgia, un papa molto terreno e poco celestiale, aveva assegnato alla regina Isabella di Castiglia e al marito Ferdinando d’Aragona, genitori di Giovanna, il titolo di “Re Cattolici” poiché erano riusciti a liberare il loro regno dagli arabi (dei quali avevano distrutto la fiorente civiltà), e dagli ebrei, che avevano costretto ad andare via dalla Spagna dopo aver requisito i loro beni.

A Giovanna era stata impartita un’educazione adeguata al rango, ma, nei suoi comportamenti, qualcosa aveva iniziato a non funzionare. L’attrazione della fanciulla verso il principe consorte era scoppiata in forma talmente ossessiva da condizionare il rapporto di coppia.

La giovane principessa non sopportava la lontananza dal marito, e quando Filippo, dopo un viaggio in Spagna, era rientrato nelle Fiandre, la sua insofferenza era diventata incontenibile. Isabella le impediva di partire per raggiungere il marito. Dopo una serie di eventi luttuosi, adesso era lei, Giovanna, l’erede al trono: dunque Isabella voleva tenere accanto a sé la figlia, per abituarla al ruolo di regina, ma la tratteneva con l’inganno.

È quasi prigioniera al Castello della Mota, appena dopo Medina del Campo, in un antico maniero dalle alte mura. Vuole andarsene, ma viene fatto alzare il ponte levatoio. Poi, visto che tutto è inutile, si accinge a passare la notte, seminuda, ai piedi di una torretta.

(da “Pazienti Illustrissimi” di L. Sterpellone, Antonio Delfino Editore, pag. 70)

Giovanna comincia a manifestare segni di profonda ribellione ai condizionamenti che le vengono imposti.

L’amore come ossessione
Madrid, monumento a Isabella di Castiglia

“De Fonseca parte per Segovia allo scopo di informare la regina Isabella. E le bisbiglia: “Una pazza, con rispetto parlando” (Edgarda Ferri, op.cit., pag. 118).

Giovanna, in quel frangente, aveva urlato: “Non posso più vivere lontano da mio marito!” La notizia delle sue reazioni eccessive si diffonde tra il popolo, che comincia a compatirla… (“Pobresita, pobresita!”. Edgarda Ferri, op. cit., pag. 123)

Poi, l’amore di coppia diventa unilaterale. Tornata finalmente nelle Fiandre, Giovanna sospetta una tresca tra Filippo ed una cortigiana. La sua reazione è violenta: ferisce gravemente al viso la donna, con un paio di grosse forbici, poi le taglia i capelli. Uno scandalo enorme.

“L’ira di Filippo non ha limiti. Mentre gli urli della regina inviperita, i tonfi, i rumori, il rovinio degli specchi e delle suppellettili rimbombano nel castello, nessuno riesce a dormire. La reputazione della regina ne risente moltissimo” (Edgarda Ferri, op, cit., pag. 125)